"Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro.
Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri."
Ci ho messo un po’,
ho avuto bisogno di ragionare, di non farmi prendere dall’istinto e cercare di
placare l’animo tsunami dei capelli verdi che svolazzano.
Ho lasciato passare
giorni, commenti privi di umanità, frasi inascoltabili per cercare di capire se la sensazione di
disperato sconcerto che sentivo dentro di me avrebbe avuto voglia di placarsi.
Ma non lo ha fatto.
Non si placa.
Forse perché non si
placano le frasi inascoltabili e i commenti illeggibili.
Mi dicono che sono schierata, mi dicono che dovrei moderare i termini.
Ma qui non si parla di politica, qui si parla di umanità, di cuore, di Costituzione.
Qui la cosa è più grossa del misero pratino che gli italiani pensano sia una interminabile distesa verde.
Si, sto parlando
anche io della ormai superdiscussa vicenda delle SeaWatch, della ragazzuccia
Karola, del PM di Agrigento e di tutto quel mondo che è andato contro agli slogan che continuano in modo inarrestabile ad urlare alcuni politici italiani.
A questo proposito, faccio un passo
indietro e vi racconto una favola.
"Era una mattina
limpida, il sole era da poco sorto e il mar Mediterraneo si estendeva
meraviglioso in tutto il suo blu intenso.
Quel giorno il mare si
presentava in tutto il suo splendore.. era pacato, tranquillo, quieto.
La nave militare si faceva cullare dolcemente dalle onde.
Ma non era sempre
così lui, il mare.
A volte era agitato, arrabbiato, indomabile, ingestibile.
La prima cosa che avevano insegnato a Umberto era che il mare
andava rispettato, con coraggio, con amore, con violenza.
Ma sempre
rispettato.
Lui prima di tutto.
C’erano state notti
in cui la sua nave aveva cavalcato onde alte 10 metri e oltre; c’erano state
notti in cui aveva desiderato fortemente le calde lenzuola del suo appartamento
ad Arcola, addormentato tra le braccia della moglie Giulia, invece di essere lì ad affrontare muri instancabili d'acqua.
Umberto navigava da
che aveva memoria e una volta raggiunta la maggiore età si era arruolato in
Marina; aveva attraversato i mari di ogni continente.
Il suo lavoro era
quello. La sua vita era quella. Il suo amore era quello.
Quella mattina era
felice, mancava poco e sarebbe tornato da Giulia.
Stava sorseggiando
il suo caffè, seduto sulla sua poltrona da Comandante nella plancia di comando quando a
poche miglia di distanza aveva intravisto qualcosa galleggiare… era una piccola barca,
sarà stata circa 80 piedi, aveva lo scafo blu sbiadito, era arrugginita e galleggiava a filo
d’acqua.
Aveva allungato lo sguardo
per capire meglio… c’era qualcosa che non capiva..
Era ferma?
Era in avaria?
Aveva bisogno di aiuto?
Cosa aveva sopra?
Un tendone?
Cosa trasportava sotto
quel tendone scuro che la ricopriva interamente in ogni suo angolo?
Ma siamo sicuri che fosse proprio un tendone scuro
quello? Forse no, forse non lo era..
Cosa era?
Erano uomini? ODDIO, ERANO UOMINI?
No cazzo! Erano uomini!
Quella barca era piena
zeppa di uomini! Sotto il sole, in balia del mare, delle onde del vento.. Erano tantissimi, ovunque… BELIN ERANO UOMINI!
Umberto aveva guardato Gigi,
l’ufficiale di turno, nella speranza che avesse una teoria migliore, perché se
quelli fossero stati uomini loro avrebbero dovuto prestar soccorso.
E' questa si che sarebbe stata davvero una bella scocciatura!
Se quelli erano uomini sarebbero cambiati tutti i piani!
Su questo il mare la
dice chiara, non c’è storia: qualsiasi imbarcazione che si imbatte in un’altra
imbarcazione in evidente stato di necessità ha l’obbligo assoluto di
soccorerla.
E porca vacca questo
proprio non ci voleva, perché Umberto stava tornando da Giulia e desiderava
tanto il suo letto.. erano in mare da mesi.. voleva tornare a casa.
Proprio a lui,
proprio a loro doveva capitare la bagnarola piena zeppa di immigrati.
Che poi a lui questa
storia degli immigrati non andava proprio giù.
Era un casino!
Oltre a prolungare
la sua missione ci sarebbero stati davvero problemi grossi da risolvere.
Prima di tutto ci
saranno stati sicuro morti; poi avrebbero dovuto imbarcare quelli che ancora
morti non erano ma che certo non sarebbero stati in gran forma..
Cheppalle!
E se qualcuno poi fosse
morto sulla sua nave? Avrebbero dovuto far spazio nella cella frigorifera per
mantenere il cadavere in uno stato decente, per non parlare delle beghe burocratiche una volta sbarcati...
Poi questi chissà
che cazzo di lingua parlano.. da quanto sono in mare.. madonna chissà che
puzza!?
Ma porca miseria, ma
proprio a lui!?
Stava andando da
Giulia…
Sicuramente ci sarà stato qualcuno incazzato, qualcuno sarà andato fuori di testa dopo tutto quel viaggio
in mare.. chissà da quanto stanno navigando… Dio.. poi… navigando!?!
Quella roba su cui
galleggiano era già tanto che non fosse ancora andata a picco in fondo al mare.
Si ma, benchè non
avesse per niente voglia di far nulla per quelle povere anime a bordo di quella
bagnarola, le regole sono chiare e lui non aveva scelta.
La legge del mare
impone di salvare e soccorrere chi ha bisogno di aiuto e portarle nel primo
porto sicuro… e qui ancora di più gli giravano le palle, perché il primo porto
sicuro era un porto della sua Italia, che già sta al collasso di anime
disperate che scappano… vabbè, ma non possono stare a casa loro questi?!
Dai cazzo io stavo
andando a casa mia!
Ma porca vacca che
rottura di palle."
Ecco qui.
Questa bella favoletta quotidianamente accade in quello spazio di mare che c'è tra Libia e Italia.
E non accade solo alle imbarcazioni delle ONG che vanno a cercare i barconi per portare aiuto, per evitare che persone anneghino in mare, queste cose accadono, punto.
E quando si è in mare, ci sono le regole del mare.
Le regole del mare imponevano a Karola di fare quello che ha fatto.
Mi piacerebbe vedere tutti quelli i cui i commenti mi hanno fatto rabbrividire l'anima, in una situazione del genere.
Ma ovviamente quelli che sputano cattiverie se ne guardano bene di alzare le chiappe e guardare cosa succede, metterci la faccia, andare a fare un giro per capire cosa davvero accade.
Basterebbe anche solo leggere la Costituzione... e non tutta, basterebbe arrivare Art.2, per capire che è stata fatta una cosa giusta.
Ma invece no! Invece non lo fanno!
Parlano a vanvera, solamente parlano a vanvera.
(alcuni addirittura scrivono articoli)
Sono lì, seduti al bancone del loro bar, con la birra fresca tra le mani e lanciano frasi durissime, dolorose e ignoranti... disumane.
Poi mi fa ridere, perché sono proprio gli stessi che, prima di andare a casa, si fermano alla rotonda che c'è nella strada che porta in tangenziale, per comprare un po' di emozioni forti dalla bella negretta dal culo sodo.
E probabilmente, belli sorridenti la domenica mattina, con il vestito bello pulito, sono seduti sulla prima panchina della chiesa del paese, accanto alla moglie.
Povero Gesù!
Poi ognuno la può pensare come vuole su quello che sarebbe dovuto accadere alle persone che la Sea Watch ha portato in salvo, non voglio entrare in questo discorso.
Ma le vite umane vanno salvate.
E non lo dice Karola, non lo dico io, non lo dice la rastona comunista che manifesta per i diritti.. lo dice la legge, lo dice la nostra Costituzione... lo dovrebbe dire anche la nostra coscienza...
E vi assicuro, che se io dovessi trovare lungo il mio cammino lo stronzo che, con il sapore della birra fresca ancora in bocca e gli occhi soddisfatti grazie alla bella negrettina per strada, rischia la vita io salverei pure quello.
Quindi, vi prego, provate una volta a uscire dai vostri panni e prestare attenzione alle vite degli altri.
Perchè noi non lo possiamo sapere, magari i prossimi ad aver bisogno di aiuto potremmo essere proprio noi.